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Come ottenere un prestito personale quando non si ha una busta paga

Il carovita è un problema di stringente attualità per milioni di italiani, attanagliati da un’inflazione come non si vedeva da almeno quarant’anni a questa parte. Intere generazioni, in buona sostanza, sono cresciute senza avere a che fare con un problema, come l’aumento generalizzato dei costi (ivi compresi quelli relativi ai beni di prima necessità), che è in grado di cambiare radicalmente la vita quotidiana di ogni singolo consumatore.

In questi momenti, dove il potere d’acquisto si erode significativamente, è certamente importante rivedere le proprie spese, anche se talvolta, purtroppo, non è risolutivo nel fronteggiare un problema come l’inflazione al 10%. Un ottimo supporto, in questi casi, lo offre il mondo del credito al consumo, con soluzioni interessanti per reperire la liquidità necessaria per far fronte alle spese quotidiane.

Il mondo del credito si evolve: anche chi non percepisce reddito può chiedere un prestito

Col passare del tempo, il settore ha ampliato la propria capacità di offerta, riuscendo a soddisfare le esigenze anche di quei consumatori che, loro malgrado, non avevano modo di ottenere un finanziamento sino a qualche tempo fa. Una soluzione che ha preso piede negli ultimi anni, estremamente utile per quei soggetti con segnalazioni negative in CRIF o bollettino dei protesti, è quella della Cessione del Quinto dello stipendio o della pensione, che consente di poter trattenere la rata direttamente in busta paga anziché in conto corrente.

Questa soluzione, di fatto, bypassa il rischio credito che la finanziaria si deve assumere nei confronti del creditore, in quanto è il datore di lavoro a garantire il buon esito del pagamento delle rate trattenendo le stesse direttamente dallo stipendio del dipendente. Per ottenere questa tipologia di finanziamento, però, è necessario risultare lavoratori dipendenti, ovvero percepire un reddito continuativo e disporre di un contratto a tempo indeterminato.

Un’opzione, quindi, che non può essere sfruttata da partite IVA, studenti, casalinghe e disoccupati, categorie che hanno avuto, storicamente, grandi difficoltà nell’ottenere un finanziamento. Spesso richiedere un prestito personale senza poter presentare una busta paga non è semplice, ma neanche impossibile.

L’evoluzione del mondo del credito, infatti, consente di ottenere finanziamenti mirati anche per le summenzionate categorie, grazie ad una particolare tipologia di finanziamenti denominati, per l’appunto, “prestiti senza busta paga”, ideale punto di approdo per tutti quei consumatori che, complice un mercato del lavoro sempre più complesso, faticano ad ottenere liquidità per finanziare l’acquisto di beni e servizi o, molto più semplicemente, far fronte ad imprevisti di importo non particolarmente elevato.

Prestiti senza busta paga: a chi si rivolgono?

I documenti da presentare, in assenza del percepimento di una busta paga, sono un documento d’identità in corso di validità, il codice fiscale/tesserino sanitario e l’ultima dichiarazione dei redditi laddove se ne fosse in possesso. La via più celere per ottenere un prestito senza busta paga è rappresentata, senza alcun dubbio, dalla grande rete telematica, dove alcune finanziarie sono in grado di fornire una risposta nell’arco di poco tempo, talvolta in 48 ore.

Non c’è alcun dubbio come alcuni elementi possano incidere, positivamente, sul buon esito della richiesta inoltrata. Ad esempio, una casalinga separata può far leva sull’assegno di mantenimento per ottenere un piccolo prestito, riuscendo ad ottenere quella liquidità in molti casi a dir poco salvifica per far fronte a piccoli imprevisti (come, a titolo esemplificativo, la riparazione dell’autoveicolo).

Nel caso in cui l’importo non fosse di piccolo cabotaggio, la finanziaria potrebbe chiedere che il finanziamento venga supportato dalla presenza di garanzie reali o di firma: le prime sono relativi ai pegni (su beni mobili o liquidità) e ipoteche (su beni immobili), mentre le seconde fanno riferimento a fideiussioni di soggetti terzi (che dovranno rispondere col proprio patrimonio qualora il richiedente non sia in grado di far fronte ai propri impegni).

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Rottura LCA: l’approccio fisioterapico come strumento di guarigione

La rottura dell’LCA, acronimo di legamento crociato anteriore, è un evento molto spiacevole e doloroso. Soprattutto, richiede tempi di guarigioni lunghi, intervallati da un’operazione chirurgica abbastanza invasiva.

Fondamentale, in questo contesto, è la fisioterapia specializzata, che può abbreviare il tempo di recupero e ripristinare la piena funzionalità del ginocchio. Ne parliamo qui.

Rottura del legamento crociato anteriore ( LCA ), un infortunio serio

La rottura dell’LCA è un infortunio tutto sommato famoso. E’ infatti associato al gioco del calcio, anzi è considerato come una sorta di spauracchio per i calciatori che ne possono essere vittima e per i tifosi che tengono per questo o per quel campione. Infatti, in media la rottura del legamento crociato anteriore tiene lontani dai campi di gioco per almeno sei mesi, sebbene siano attestati casi in cui il recupero è stato molto più rapido.

In genere, l’LCA si rompe a seguito a:

  • Trauma contusivo nella zona frontale del ginocchio.
  • Trauma distorsivo con malus del peso del corpo. In buona sostanza, il ginocchio ruota mentre il malcapitato cade su se stesso.
  • Carico eccessivo con il ginocchio in iperestensione. Il caso tipico è “l’atterraggio” scomposto a seguito di un salto.

Il legamento crociato anteriore unisce la parte finale del femore con la parte iniziale della tibia. Il suo scopo è impedire che la tibia scivoli sull’asse orizzontale e vada fuori posizione. E’ un legamento molto resistente, per questo motivo chi va incontro a una rottura dell’LCA se ne accorge subito: il rumore della rottura è molto forte, quasi penetrante.

I trattamenti fisioterapici post operazione

La terapia d’elezione per la rottura dell’LCA è l’operazione, che viene eseguita sempre in una prospettiva di recupero dell’attività sportiva. In tutti gli altri casi, l’operazione potrebbe non essere necessaria: senza LCA si può vivere, ma si deve rinunciare alla corsa e all’attività sportiva. 

Ad ogni modo, l’intervento punta alla ricostruzione dell’LCA, il quale in genere viene condotta a partire da un prelievo tissutale dallo stesso soggetto. Nella maggior parte dei casi, si opta per una porzione di tendine rotuleo, che viene trattato per fungere da legamento.

Ma l’operazione rappresenta solo l’inizio del percorso di guarigione. Dopo, e ancora per molti mesi, c’è la fisioterapia. Essa consiste in una prima fase finalizzata al recupero del pieno range di movimento, con esercizi attivi e passivi; e in una seconda fase in cui si rafforza la muscolatura, in modo da creare un sistema di supporto al nuovo legamento, tale da proteggerlo da dolorose e drammatiche recidive.

La tecarterapia come risorsa integrativa

Nel contesto fisioterapico sta assumendo una grande importanza la tecarterapia. Si tratta di un trattamento di ultima generazione che consente di accelerare il percorso di guarigione e, allo stesso tempo, renderlo più confortevole. Consiste nell’applicazione di un apparecchio elettromedicale che causa la formazione di calore nei tessuti profondi e solo in quelli. La stimolazione termica della parte interessata produce un effetto domino, quale la formazione di collagene, tale da porre in essere meccanismi di autoguarigione del corpo.

In parole povere, grazie alla tecarterapia si guarisce più velocemente. Ma non è finita qui: produce alcuni “gradevoli” effetti collaterali. Su tutti, l’azione analgesica. La tecarterapia riduce la sintomatologia dolorosa e le infiammazioni, due disturbi molto ricorrenti in chi si è sottoposto da poco all’intervento di ricostruzione dell’LCA.

Tra l’altro, la riduzione del dolore e delle infiammazioni consente di aumentare il carico fisioterapico e, di conseguenza, accelerare ulteriormente il percorso di guarigione. Dunque, il trinomio operazione – fisioterapia – tecarterapia è quanto c’è di meglio per chi deve guarire dalla rottura dell’LCA.

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Come eliminare calli e duroni

La formazione di calli e duroni è una eventualità piuttosto frequente, tanto negli sportivi quanto nei sedentari. Spesso, infatti, basta una calzatura non adeguata per ritrovarsi con questi disturbi.

Fino a un certo punto, calli e duroni non sono granché fastidiosi. Se ignorati, però, possono portare a complicanze anche abbastanza serie. Da qui, la necessità di intervenire per tempo, prima che il problema assuma una rilevanza sanitaria.

Come fare? Di base, è bene fare riferimento a un centro estetico che si occupi anche di problemi funzionali, e non solo estetici. Non è difficile reperirlo, a prescindere dall’area geografica. Tra cercare un buon centro specializzato in pedicure Palermo e cercarlo a Roma, Milano o anche nelle piccole città la differenza è minima.

Vale la pena approfondire la questione, elencando anche i rischi che si corrono se non si interviene prontamente.

La differenza tra calli e duroni

Prima di tutto, occorre comprendere la differenza tra calli e duroni. Infatti, spesso vengono vengono considerati a torto dei sinonimi.

Sulla definizione di calli c’è poco da dire, nel senso che è conosciuta da tutti. In genere sono abbastanza piccoli e piuttosto morbidi, e possono comparire tanto sulla pianta del piede quanto sulle dita. I calli sono causati principalmente da traumi da sfregamento: quando una porzione di piede viene sollecitata, può sviluppare un callo.

Discorso parzialmente diverso per i duroni. Questi sono sì frutto di un trauma da sfregamento, ma soprattutto da calzature poco adatte. Ecco che la porzione interessata è molto più grande. Inoltre, spiccano per una parte centrale decisamente dura, che non di rado causa dolore. Nella stragrande maggioranza dei casi, i duroni si sviluppano sul tallone, che subisce l’influsso delle calzature poco adeguate. Possono però svilupparsi anche sulla pianta del piede.

Calli e duroni non curati: le conseguenze

La soluzione migliore è…. Prevenire. Non è poi così difficile: basta prendersi cura dei piedi. In primis, indossando calzature adeguate. In secondo luogo, lasciando il piede “libero” più a lungo possibile, in modo che possa guarire spontaneamente dai traumi per sfregamento. Va detto che rispettare queste indicazioni spesso è complicato, se non impossibile. Il riferimento è ai casi in cui il piede è vittima di imperfezioni, come il dito a martello, l’alluce valgo o dimorfismo dell’arco plantare (piede piatto o piede cavo).

Soprattutto in questi casi, è bene acquistare calzature di tipo ortopedico e su misura. Se pensate a calzature “strane”, che possano in qualche modo evidenziare la presenza di un disturbo, vi sbagliate. I modelli ortopedici sono indistinguibili rispetto a quelli standard, almeno dall’esterno. Ovviamente, costano molto di più.

I calli in genere non fanno male e, fino a un certo punto, nemmeno i duroni. Tuttavia, se ignorati per troppo tempo, determinano una sintomatologia dolorosa. Ciò che è peggio, possono degenerare in complicanze molto serie. Il riferimento è alle infezioni, causate dal danneggiamento della pelle che ricopre calli e duroni. Essa, per quanto possa apparire strano vista la consistenza diversa, è più debole.

La soluzione a calli e duroni

Il consiglio dunque è di risolvere calli e duroni prima che degenerino in problema sanitario. Anche perché in quel caso è necessario fare riferimento a un medico. Nelle fasi precedenti, basta un esperto di pedicure. Ovviamente, non pedicure qualsiasi, bensì “curativa”. La pedicure curativa si contraddistingue non solo per gli scopi, ma anche per la strumentazione adeguata. Tra creme antibiotiche e lenitive, e utensili specifici, le differenze rispetto alla normale pedicure estetica si fanno sentire.

Dunque, fate riferimento a un buon centro estetico. Ovvero a un centro che goda già di buona reputazione e che integri all’interno delle sue attività l’eliminazione di calli e duroni.

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Come evitare i danni allo schermo dello smartphone

Come evitare che lo schermo dello Smartphone si rompa? Proprio la rottura dello schermo rappresenta uno dei danni più frequenti in assoluto, uno dei motivi che porta più spesso a doversi rivolgere a un centro di assistenza. D’altronde, se il danno è pesante l’utilizzo dello smartphone risulta impossibile. Non va molto meglio se il danno è lieve: in quel caso si rischiano brutte figure e di trasmettere una sensazione di trascuratezza.

La questione riguarda tutti i brand e tutte le aree geografiche. Il rischio di dover spendere denaro per riparare smartphone Huawei Palermo piuttosto che uno smartphone Samsung in qualsiasi altra città è piuttosto elevato.

Anche in questo caso, prevenire è meglio che curare. Dunque, è lecito chiedersi se esistono degli accorgimenti per ridurre al minimo le probabilità di andare incontro a una rottura dello schermo. La buona notizia è che tali accorgimenti non solo esistono, ma sono anche facili da adottare. Ne parliamo qua.

Schermo dello smartphone, una componente delicata

Il timore che lo schermo dello smartphone si rompa è più che giustificato. Infatti, da un lato si tratta di una componente fondamentale, e che difatti consente l’utilizzo del dispositivo. Dall’altro, invece, è anche una delle componenti più fragili, di conseguenza soggetta a rotture. Basta infatti una caduta, nemmeno da altezze elevate, per ritrovarsi – se va bene – con uno schermo pieno di crepe e che comunque può creare disagio. Nella peggiore delle ipotesi poi, lo schermo è così danneggiato da impedire una visione chiara e che consenta un utilizzo efficace del dispositivo.

Prima di trattare gli accorgimenti veri e propri, e tra le altre cose sono di natura prettamente “tecnica”, è bene riflettere su una cattiva abitudine che molti possessori di smartphone reiterano.

Stiamo parlando della tendenza a tenere lo smartphone in mano anche quando non lo si sta utilizzando. In questo caso, le probabilità che il dispositivo cada per terra aumentano, con tutto ciò che ne consegue. La situazione si complica ulteriormente quando si pratica attività fisica: molti sono soliti correre mentre stringono il telefonino, per l’occasione “convertito” a cronometro o a lettore musicale.

Come evitare la rottura dello schermo

Dunque, quali sono questi accorgimenti che aiutano a prevenire la rottura dello schermo? Ecco i più efficaci.

  • Usare una custodia. Le custodie consentono di limitare i danni con sufficiente efficacia. Il riferimento è ovviamente alle custodie a libro, che purtroppo vengono spesso snobbate in quanto giudicate demodè. in realtà, la custodia attutisce le cadute ed evitano danni importanti. Il consiglio è di prediligere le custodie in cuoio, che sono le più resistenti e protettive.
  • Applicare una pellicola. Anche le pellicole rappresentano una risorsa fondamentale per prevenire danni allo schermo. Ovviamente, fanno ben poco per attutire le cadute ma proteggono il monitor dai graffi. Esistono varie tipologie di pellicole, quelle più utilizzate sono realizzate in silicone, che coniuga una certa efficacia con un impatto esteriore piuttosto basso.
  • Evitare i bagni di sole. Questo è un accorgimento che ben pochi seguono. È necessario evitare le lunghe esposizioni al sole, soprattutto d’estate, in quanto il calore viene assorbito dallo schermo, il quale ne esce pesantemente indebolito, e quindi maggiormente soggetto a danni.

No al fai da te

Dunque, prevenire è meglio che curare, soprattutto quando gli accorgimenti sono facili da adottare, come in questo caso. Ma cosa fare se il danno è stato fatto? Il consiglio è di evitare il fai da te. Anche qualora il danno si configurasse come lieve, è sempre meglio rivolgersi a un centro assistenza. Le riparazioni sono attività di natura specialistica, e non basta certo un tutorial, per quanto ben realizzato, a sopperire competenze ed esperienza. Anzi, il rischio, se si procede in totale autonomia, è di peggiorare la situazione e quindi di spendere più denaro di quanto non si sarebbe speso rivolgendosi a personale specializzato.

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Che succede se ignori la miopia

La miopia è probabilmente il disturbo visivo più diffuso in assoluto. Basta guardarsi in giro e passare in rassegna tutte le persone che indossano un paio di occhiali per rendersene conto, senza considerare coloro che, pur miopi, decidono di indossare le lenti a contatto. Eppure ci sono miopi che non adottano né l’una né l’altra soluzione.

Sono i “miopi lievi”, che riescono comunque a mantenere una buona qualità visiva oppure affrontano la loro condizione con spirito di sopportazione. Si tratta però di una scelta dai risvolti pessimi: anche nei casi meno gravi, la miopia non curata può causare conseguenze negative per la propria salute e per la qualità della vita. Ne parliamo qui.

Miopia, un disturbo incredibilmente diffuso

La miopia è il disturbo visivo per eccellenza. Sono i numeri a dirlo, allorché variabili da paese a paese. Se in Europa è miopie circa il 28% delle persone, percentuale già di per sé elevatissima, negli USA si raggiunge il 35%. In Cina, invece, è miopie quasi l’80% delle persone.

La miopia ha un’origine prettamente genetica, sebbene possa essere stimolata da alcune abitudini precise. Per esempio, sforzare la vista, sui libri come davanti a uno schermo, può esacerbare il disturbo visivo o scatenare una condizione latente di miopia. Le cause fisiologiche, invece, consistono in una curvatura poco corretta del cristallino, che crea un difetto di rifrazione: la luce anziché terminare sulla retina si ferma “un po’ prima”, determinando una visione sbiadita. Il “quanto” determina l’entità del disturbo.

Miopia non curata: i rischi

È difficile rimanere con le mani in mano se la miopie è abbastanza grave. Bastano solo due diottrie per ridurre la qualità della visione e, di conseguenza, della vita stessa. Non riuscire a vedere oggetti posta a una distanza non elevatissima, è un malus non da poco e che pregiudica le attività quotidiane.

Il discorso è diverso, però, se si parla di miopi leggeri, che hanno solo mezza diottria in meno, piuttosto che una o una e mezza. In questi casi, rinunciare agli occhiali e alle lenti a contatto è relativamente semplice. Con un po’ di sforzo, se ne può fare a meno.

Si tratta però di un atteggiamento sbagliato, controproducente. I motivi sono principalmente due: in primis, perché anche una miopia leggera può inficiare alcune attività, come per esempio leggere i cartelli autostradali con grande anticipo. In secondo luogo, perché anche una miopia leggera impone un certo sforzo, magari inconsapevole all’occhio. Da qui a un peggioramento ancora più rapido del disturbo il passo è breve.

Non bisogna dimenticare, infatti, che la miopia è un disturbo degenerativo. I primi sintomi si avvertono intorno ai cinque anni di età, ma fino ai venticinque peggiora. Insomma, le diottrie sono sempre meno. Chi non indossa gli occhiali o le lenti a contatto, deve affrontare presto o tardi un’accelerazione di questo processo.

Come scegliere l’ottico

Il consiglio, se si soffre di miopia leggera, è dunque quello di cambiare registri, e indossare gli accessori adatti. Il primo passo, ovviamente, è quantificare con precisione l’entità del disturbo. Niente di più facile, misurare la vista a Roma è facile come a Milano, Torino, Palermo, Napoli e in qualsiasi altra città, grande e piccola.

Come scegliere l’ottico? In questo caso, come in tanti altri, a fare fede è soprattutto la reputazione. D’altronde, l’opinione degli ex clienti è un ottimo indicatore della qualità espressa da un’attività, anche quando questa coinvolge tematiche di tipo sanitario. Anche l’approccio alla gestione della clientela è importante: un ottico accomodante, sincero e socievole, sarà certamente più propenso a dispensare consigli su quali occhiali acquistare, su quelli che valorizzano al meglio il proprio viso.

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E-commerce, 4 motivi per aprirne uno anche se sei un piccolo venditore

Nell’immaginario collettivo, gli e-commerce rappresentano un’opportunità soprattutto per le grandi aziende. Perché – se lo chiedono in parecchi – spendere tanto tempo e tanto denaro per realizzare una piattaforma proprietaria performante? In realtà, si tratta di un pregiudizio che non trova fondamento nella realtà. La verità è che gli e-commerce possono e devono essere utilizzati anche dalle piccole attività, dai piccoli venditori. Ne parliamo qui, fornendo una panoramica dello strumento ed elencando alcuni motivi che ne giustificano l’impiego anche da parte dei più “piccoli”.

L’ascesa degli e-commerce

La diffusione degli e-commerce è un fenomeno iniziato ormai tanto tempo fa, agli inizi degli anni 2000. Tuttavia, non si può negare che negli ultimi tempi sia stato protagonista di una formidabile accelerazione. Il riferimento è in primo luogo alla progressiva riduzione del digital device e alla diffusione di connessioni performanti, e in secondo luogo ai fenomeni sociali che la pandemia di coronavirus ha innescato.

A partire dal 2020, infatti, molti, alla luce della chiusura delle attività commerciali, si sono visti costretti a utilizzare il digitale anche per gli acquisti, di fatto scoprendo una sorta di “nuovo mondo”. Una volta che la vita è tornata alla normalità, la gente ha continuato a usufruire degli e-commerce. Il risultato è stato un ampliamento radicale e permanente degli acquirenti on-line.

D’altronde, acquistare su internet comporta alcuni vantaggi anche soprattutto dal punto di vista dell’acquirente: è rapido, spesso meno costoso (i prezzi sono tendenzialmente più bassi), e comunque sicuro.

4 motivi per aprire un e-commerce

Dunque, perché anche le piccole attività possono e devono usufruire degli e-commerce? Al netto dei vantaggi di natura economica, di cui renderemo conto tra poco, è bene sottolineare che i costi oggi sono meno elevati di quanto non lo fossero qualche anno fa. aprire e gestire una piattaforma richiede budget tutto sommato accessibili, e che in ogni caso determinano un precoce ritorno dell’investimento. Inoltre, le competenze necessarie alla conversione al digitale sono oggi molto più diffuse e a portata di mano.

Al netto di ciò, Ecco i vantaggi indiscutibili di cui gode il piccolo venditore che desideri aprire un e-commerce.

  • Può sfruttare un trend in ascesa. Lo abbiamo già detto, gli acquisti on-line sono un fenomeno in ascesa, che non accenna ad arrestarsi.
  • Può andare oltre il pubblico limitrofo. Chi vende solo in loco, può accedere solo al pubblico che risiede nelle vicinanze. Chi vende on-line, in estrema sintesi, abbatte qualsiasi barriera geografica.
  • Può vendere più prodotti. Un altro limite a cui devono sottostare coloro che vendono esclusivamente in loco riguarda la “finitezza” degli spazi espositivi. Va da sé che questo limite semplicemente non esiste se si opta per l’e-commerce.
  • Può accedere ai mercati esteri. È probabilmente il vantaggio più grande: chi sfrutta gli e-commerce può potenzialmente accedere al pubblico estero, ed allargare a dismisura il proprio bacino di utenza.

La questione delle spedizioni

Queste motivazioni sono concrete, tuttavia richiedono una precisazione: per vendere online è necessario affidarsi a corrieri efficienti, come per esempio Bartolini.

Solo affidandosi a corrieri di questo calibro è possibile fornire all’acquirente un’esperienza degna di questo nome, improntata sulla qualità e sulla comodità. il riferimento è ovviamente ai tempi di spedizione, ma anche alle politiche di reso, che sono possibili solo se i collegamenti sono garantiti al 100%.

Dunque, i piccoli grandi venditori che si apprestano a sbarcare all’estero grazie alle attività del proprio e-commerce, devono prima di tutto curare la logistica dei trasporti, scegliendo con estrema attenzione Il corriere. il rischio, se si fa altrimenti, è di intraprendere un gioco a perdere, in cui il ritorno all’investimento diventa una sorta di chimera.

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Ecco perché tutti preferiscono fare shopping online

Acquistare online fino a qualche anno fa era impensabile ed erano davvero pochi che si affidavano a questo servizio. Con il crescere della fiducia nei confronti di questo servizio gli utenti hanno iniziato sempre di più ad usufruirlo. Fino ad arrivare fino ad oggi dove sono sempre di più le persone che preferiscono affidarsi allo shopping online piuttosto che a quelli nei negozi fisici. I motivi che ci spingono a sfruttare questo servizio sono infiniti, ma in particolare:

  • Abbiamo la possibilità di acquistare in qualsiasi momento della giornata, ma anche della notte, poiché i negozi online sono aperti sempre: 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo è davvero comodo poiché possiamo dedicare allo shopping del tempo anche se abbiamo delle giornate estremamente piene.
  • Possibilità di visionare in una volta sola un’infinità di prodotti e di scoprire allo stesso tempo le migliori offerte. Infatti, molto spesso un prodotto può essere venuto in più e-commerce, e noi possiamo andarlo a comprare in quello che costa di meno, risparmiando così un grande somma di denaro. Certo, questo possiamo farlo anche nei negozi fisici, ma richiede tantissimo tempo a disposizione e spesso è molto difficile scoprire quali sono le offerte.
  • Abbiamo l’opportunità di risparmiare tempo poiché lo shopping online può essere fatto in pochissimi minuti, comodamente da casa tua. Gli acquisti nei negozi fisici richiedono un grande investimento di tempo, spesso se si desidera vedere più prodotti e più negozi fisici avrai bisogno di giornate intere.
  • Nessuna folla: in tempi come questi, dove la pandemia esiste ancora, evitare la folla diventa fondamentale. Ma non solo, la folla dei negozi fisici ci porta spesso a perdere un sacco di tempo o addirittura ad abbandonare i nostri potenziali acquisti al fine di evitare quest’ultima. Infatti abbiamo la possibilità di acquistare un prodotto e riceverlo direttamente a casa nostra grazie ad una spedizione comoda.

Cosa non funziona nello shopping online?

Come abbiamo visto, lo shopping online offre una serie infinita di vantaggi ad ognuno di noi. Ma, come ogni cosa bella, anche quello servizio presenta dei svantaggi non da poco, in particolare:

  • Spedizione lunga: il vantaggio dei negozi fisici è che ciò che compi puoi riaverlo subito. Mentre, per quanto riguarda i negozi online non è assolutamente così. Molto spesso, prima di ricevere un prodotto dobbiamo attendere settimana, e in alcuni casi addirittura mesi. Certo, esistono dei servizi che accelerano i tempi di spedizione ma hanno dei costi maggiori che non tutti sono disposti a sostenere. Un esempio è Amazon Prime, il servizio che ti permette di ricevere il prodotto acquistato il giorno seguente. Questi servizi funzionano, ma se tendiamo ad acquistare su più siti non possiamo pensare di acquistare un abbonamento per ogni e-commerce poiché a fine mese i costi sarebbero eccessivamente alti.
  • Non possiamo vedere e provare fisicamente i prodotti: ovviamente questo è uno svantaggio da non poco poiché può accadere che non ci piaccia il prodotto oppure semplicemente che sia troppo grande o troppo piccolo. Certo, possiamo pur sempre rimandarli indietro ma, se quel prodotto ci serve per una particolare occasione il fatto che non ci piaccia o che non si stia diventa un problema davvero grande. Questo svantaggio difficilmente possiamo abbatterlo.

Come possiamo migliorare questo servizio?

In questo articolo hai avuto l’opportunità di scoprire i benefici ma anche i svantaggi di questo servizio. Poiché oggi tutta la nostra vita circonda nel mondo online diventa indispensabile attuare una serie di azioni al fine di migliorare in meglio questo servizio. In particolare, per poter ottimizzare questo servizio le aziende devono tener conto di tutti i punti deboli che questo servizio offre. Andando a ridurre al minimo essi, gli utenti avranno l’opportunità di godere di un servizio migliore e sicuramente le aziende ne trarranno vantaggio.

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Come aprire un’impresa di pulizie: linee guida essenziali

Se stai leggendo questo articolo è perché stai pensando di aprire un’impresa di pulizie per conto proprio e vuoi sapere come fare.

Il primo passo è quello di aprire la Partita IVA e registrare la propria impresa correttamente. Il consiglio è di farsi aiutare in questa operazione da un bravo commercialista oppure di rivolgersi direttamente alla Confartigianato, a cui potersi appoggiare anche per le pratiche burocratiche successive.

Ma non è solo questo! Per aprire un’impresa di pulizie sono molte le cose a cui dovrai pensare e a meno che tu non abbia già esperienza in questo settore specifico. Allora ti conviene informarti per recuperare tutto ciò di cui hai bisogno e aprire, così, la tua attività di pulizie in tutta tranquillità.

In questo articolo ti parliamo dei costi che non puoi trascurare quando apri una tua impresa di pulizie e vuoi fare questo salto da solo, senza farti aiutare da qualcuno che si occupi al posto tuo di molti aspetti essenziali. Prima di tutto, quando si apre un’attività, come un’impresa di pulizie, è fondamentale fare una stima a priori di quelli che saranno tutti i costi fissi e variabili che si dovranno sostenere. Un errore di valutazione di tali costi potrebbe costare caro! Ecco perché è importante che leggi con attenzione questo articolo dedicato.

Aprire un’impresa di pulizie: i costi

Come sai, per aprire una qualsiasi impresa aziendale oltre ai vari passaggi dettati dalla burocrazia dovrai prendere in esame anche tutti i possibili costi di attività. Per fare una valutazione precisa ovviamente bisogna avere in mente quello che andrai a fare, in modo da organizzare tutto ciò di cui avrai bisogno. Stabilire il budget necessario per ogni voce spesa, obbligatoria per l’apertura dell’impresa di pulizia, è uno dei primi aspetti da pianificare con attenzione.

Nello specifico, per aprire un’impresa di pulizie dovranno essere considerati i costi seguenti.

  • Le macchine per la pulizia professionale, le attrezzature e i detergenti vari essenziali per la pulizia professionale: in questo caso è bene ricordare che la qualità ripaga nel lungo termine, per cui è bene affidarsi a fornitori che offrano macchine per pulizia affidabili, attrezzature per la pulizia manuale e detergenti professionali di qualità. Il nostro suggerimento è di rivolgerti alla BERMAR SERVIZI come fornitore per le macchine e attrezzature per la pulizia professionale.
    Oltre a poter acquistare lavasciuga pavimenti con uomo a terra o a bordo, spazzatrici manuali o motorizzate dei migliori marchi presenti in commercio, attrezzature per la pulizia professionale manuale (scope, carrelli, mop, lance telescopiche e molto altro ancora), detergenti e sgrassatori professionali, potrai ricevere assistenza tecnica in caso di bisogno, oltre a poter parlare con i loro esperti per qualsiasi consiglio d’acquisto.
  • Le auto aziendali: un acquisto necessario per spostarsi e raggiungere il luogo di lavoro (uffici, aziende, centri commerciali, ristoranti). Dovrai optare per dei modelli tendenzialmente spaziosi, anche in base alle dimensioni delle macchine per la pulizia necessarie e al numero di persone che lavoreranno sul posto.

Un’altra spesa che rientra in questa categoria è ovviamente il carburante, costo variabile a seconda del tipo di carburante e delle fluttuazioni del mercato. Inoltre, da preventivare anche le spese annuali per la macchina come l’assicurazione, il cambio delle gomme ed eventuali interventi del meccanico se ci fosse bisogno.

  • L’affitto del magazzino: indispensabile per riporre tutti i macchinari e le attrezzature per la pulizia indispensabili per poter lavorare. Il magazzino potrebbe essere indispensabile anche per poter riporre le scorte di carta igienica, salviette per le mani, rotoloni di carta, detergenti e sgrassanti. A meno che tu noi possieda uno spazio di tua proprietà facilmente utilizzabile come magazzino, dovrai computare tra i costi anche la voce “affitto magazzino”.

Per scegliere il magazzino, il consiglio è un un locale al piano terra, soprattutto perché gli spostamenti saranno più facili, considerando che alcune macchine per pulire le superfici ampie (come le lavasciuga pavimenti uomo a terra o a bordo) sono abbastanza grandi e impossibili da trasportare per le scale o negli ascensori.

  • L’ufficio amministrativo: come ogni attività, anche l’impresa per le pulizie necessità di un luogo centrale in cui vengono organizzate le economie dell’attività, quindi anche in questo caso è necessario trovare una sua locazione (potrebbe essere un ufficio vicino alla sede del magazzino).

Questi sono i principali costi fissi per l’apertura di un’impresa di pulizie ai quali vanno ad aggiungersi i costi variabili e i costi per i collaboratori. Ecco perché è fondamentale pianificare il tutto con attenzione, non dimenticandosi di alcun costo attività.

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Pian di emergenza sul lavoro PEM: cos’è e a cosa serve

Il piano di emergenza sul lavoro, conosciuto anche come PEM, è uno mezzo operativo (ricapitolato in un documento facilmente accessibile da tutti i Lavoratori) che include tutte le informazioni e le istruzioni che occorrono per affrontare una possibile emergenza di qualsiasi tipologia.

In particolar modo tutte le attività che contengono più di 10 dipendenti in base a quanto stabilito dalla legge devono effettuare obbligatoriamente la compilazione del piano di emergenza sul lavoro.

Ma autonomamente dagli obblighi è possibile capire in maniera indipendente quanto questo strumento operativo sia effettivamente efficace e utile, per garantire la massima sicurezza sul posto di lavoro.

Si rivolge di conseguenza a tutte quelle imprese in cui, durante la formazione della Valutazione dei Rischi, si sono manifestati le competenze che rendono indispensabile la verifica del piano di emergenza.

Il PEM, ossia il piano di emergenza sul lavoro, rappresenta uno degli strumenti migliori e più importanti che devono essere impiegati per quanto riguarda la Prevenzione e la Sicurezza sul posto di lavoro.

Il testo unico sulla sicurezza richiede espressamente il PME, in quanto è regolato dal decreto legislativo 81 del 2008. Precisamente in esso viene confermato il concetto di quanto effettivamente risulti indispensabile adoperare in azienda il piano di emergenza sul lavoro.

Attraverso quest’ultimo infatti vi è la possibilità di contrastare i pericoli e i rischi che si manifestano e affrontare soprattutto le emergenze che potrebbero presentarsi nel posto di lavoro in qualsiasi momento.

La sua importanza fa sì che sia fondamentale una redazione puntuale, come definisce il testo unico.

Quali obiettivi prevede il piano di Emergenza sul lavoro

Alcuni degli intenti stabiliti dal piano di emergenza sul lavoro sono i seguenti ossia:

  • lavorare a livello di organizzazione per quanto concerne le operazioni e gli interventi effettuati da parte del personale con l’obiettivo di chiarire gli atteggiamenti e i comportamenti che i dipendenti devono mettere in pratica per proteggere la propria incolumità, quella degli strumenti o cose oltre a quella degli altri;
  • prevenire e diminuire in particolar modo e in maniera elevata i pericoli alle persone;
  • determinare in modo esatto le persone presenti nell’attività e le mansioni che dovranno essere conferite durante la fase emergenza.

Gli scopi perseguiti nella redazione del PEM sono decisamente numerosi: ad esempio verranno determinati i tragitti e le vie di fuga che risultano più veloci e sicure, ovvero che sono facili da raggiungere da qualsiasi punto dell’azienda o, per di più, verranno scelti i

Lavoratori a cui attribuire delle delle posizioni leader durante l’organizzazione e gestione dei casi di emergenza, anche a seconda a determinate qualifiche ottenute precedentemente.

Compilazione del PEM

Per quanto riguarda la compilazione del PEM, pertanto, è opportuno affidarsi a una figura specializzata nel settore della Sicurezza sul Lavoro.

Il Piano di Emergenza sul Lavoro, include la composizione di una verifica precisa e puntuale incentrata soprattutto su tutte le reali fonti di pericolo presenti in azienda ossia sul posto di lavoro, che generalmente potrebbero manifestarsi a causa delle lavorazioni, dove il Datore di Lavoro deve obbligatoriamente trovare e applicare delle azioni di prevenzione con l’obiettivo di proteggere e tutelare sotto tutti i punti di vista tutti i Lavoratori presenti nell’attività.

Tipologie del Piano di Emergenza sul Lavoro

Esistono due tipologie di PEM, ossia il piano potrà essere interno o esterno.

Per quanto riguarda la prima modalità è bene sapere che dovrà riferirsi a tutte le fattibili emergenze che in qualsiasi momento potrebbero manifestarsi all’interno dei posti dove generalmente avviene l’attività lavorativa dei dipendenti.

In questo piano dovranno essere elaborati tutti i posti in cui avviene ogni giorno l’attività dei Lavoratori.

Mentre, la seconda tipologia di Piano di Emergenza sul Lavoro, ovvero quello esterno, si riferisce a una singola probabilità di pericolo che potrebbe presentarsi nella parte esterna del posto di lavoro.

Conclusione sul PEM

Il piano delle emergenze deve obbligatoriamente essere compilato dal Datore di Lavoro insieme a tutte le figure che hanno come obiettivo quello di accertare la sicurezza e la protezione dei Lavoratori sia all’interno sia all’esterno dell’azienda.

Fonte delle informazioni: https://www.gdmsanita.it/piano-emergenza-sul-lavoro-pem-torino.php

DiRedazione

Vetrate panoramiche: tutti i modelli disponibili e i vantaggi

Se siete qui, probabilmente avete la grande fortuna di dover arredare una casa, un palazzo di uffici o una qualsiasi struttura anche ristorativa o alberghiera da cui si può godere di una vista impareggiabile, e proprio per questo volete valorizzarla al meglio.

Come avrete capito, sarebbe davvero un peccato inserire delle finestre normali quando optando per altre semplici soluzioni potreste avere il panorama tutto per voi, quindi state vagliando le varie alternative per trovare quella che fa per voi e per la vostra struttura.

Per valorizzare una vista panoramica, non c’è niente di meglio delle vetrate ampie, che oltre ad illuminare tutti gli ambienti non vi precludono o limitano la vista dal vostro appartamento o ufficio. In questo articolo vi proponiamo una guida a tutti i modelli disponibili di vetrate panoramiche italiane e ai vantaggi che avrete scegliendole per voi.

Modelli di vetrate panoramiche

Come abbiamo accennato sopra, le vetrate panoramiche sono una delle soluzioni migliori per completare un edificio da cui potete osservare uno splendido panorama, quindi vale sicuramente la pena di prenderle in considerazione e scoprire tutte le loro caratteristiche.

Per accontentare i gusti e le esigenze di tutti, sono stati realizzati diversi modelli di vetrate panoramiche italiane, eccone un elenco in cui vi spieghiamo brevemente ciascuna versione:

  • La vetrata a libro: questo modello di vetrata si rivela il più versatile, infatti grazie all’apertura a libro potrete decidere di aprire la vetrata quando fa caldo in estate e tenerle chiuse in inverno, mantenendo comunque un ambiente luminoso e raffinato;
  • La vetrata sali/scendi: questa versione di vetrata panoramica è dotata di un sistema particolare che ti permette di sfruttare a pieno la luce naturale e avere una vista completa del paesaggio, inoltre non dovrai rinunciare all’apertura che sarà sottoforma di balaustra;
  • La vetrata scorrevole: probabilmente è la versione più innovativa e ricercata tra le vetrate panoramiche grazie alle tecnologie avanzate e al design curato nei minimi dettagli. Questa vetrata prevede una copertura scorrevole detta a impacchettamento, diversa dagli altri modelli.

I vantaggi di una vetrata panoramica

Concetto che abbiamo già chiarito in precedenza, ma che non può essere trascurato quindi approfondiamo qui di seguito. Una vetrata panoramica, a patto che non odiate la vista dall’edificio in questione, apporta numerosi vantaggi alla vostra struttura, tutti di diversa natura e da prendere in considerazione durante le fasi di progettazione e di costruzione, avvalendovi anche dell’aiuto di esperti architetti che vi sapranno consigliare al meglio.

Intanto, ci teniamo a farvi una panoramica dei principali vantaggi che avrete se la vostra scelta ricadrà sulle vetrate panoramiche italiane:

  • Risparmio energetico: si può riassumere con due parole, ma significa molto di più, soprattutto al giorno d’oggi, tempi in cui il Pianeta ci implora di trattarlo meglio e allo stesso momento le bollette si alzano sempre di più. Proprio grazie alle vetrate potrete sfruttare al massimo la luce naturale, in modo da tenere sempre meno accese le luci e sprecare meno energia, oltre ad evitare spiacevoli mal di testa spesso causati dalle luci artificiali che fanno male agli occhi dopo svariate ore, facendo del bene sia alla Terra che al vostro portafoglio, ma anche alla vostra vista;
  • Aumento del valore economico: ovviamente, scegliere le vetrate panoramiche per il vostro edificio permette a chi lo userà, che sia per uso abitativo, lavorativo o turistico, di godere di una vista che non potrebbero mai avere altrimenti, quindi rappresentano un motivo di aumento del valore economico dell’edificio stesso. Sarebbe un peccato decidere di non investire in una scelta che potrebbe portarvi un guadagno non indifferente, ma questo ve lo dirà chiunque.