Possedere un ascensore nel proprio condominio o nel grattacielo di un’azienda aumenta automaticamente il valore dello stabile. Ovviamente, impianti d’elevazione del genere necessitano di tutta una serie di accorgimenti e di cure di manutenzione che non possono essere assolutamente trascurate se si vuole garantire un funzionamento corretto degli impianti in qualsiasi circostanza.
Gli ascensori, del resto, trovano spazio anche negli ospedali e in realtà in cui non si può mettere il loro funzionamento a rischio poiché, questo, comporterebbe diverse conseguenze, anche gravi, sui proprietari e, talvolta, su chi li utilizzava durante il guasto. Insomma, se esiste una normativa in fatto di manutenzione degli ascensori, significa che, rispettandola, si eviteranno non pochi problemi, anche particolarmente cavillosi.
Al di là della manutenzione preventiva, poi, ci sono, ovviamente, tutti gli interventi straordinari che interessano gli impianti di elevazione in presenza di problematiche di sorta relative alle loro prestazioni. Eseguire la manutenzione preventiva e conservativa dell’ascensore permette a quest’ultimo di funzionare bene più a lungo, evitando dispendi economici o inconvenienti causati dall’incuria. In questa guida scopriremo cosa sapere riguardo la manutenzione dell’ascensore; quando farla e perché.
In linea generale, la manutenzione ordinaria dell’impianto andrebbe effettuata annualmente, al fine di prevenire eventuali guasti. Al di là di questo, la legge che regola la manutenzione dell’ascensore e che stabilisce la frequenza minima degli interventi, oltre ai criteri tecnici che vanno rispettati in questa fase si riferisce all’articolo 15 del D.P.R. 162/99. Al di là di questo, troviamo, poi, le norme armonizzate UNI EN 81-20 e UNI EN 81-250.
Stando alla normativa, essa prevede due tipologie di manutenzione. La prima, quella preventiva, si pianifica in base all’impianto e consiste nella pulizia e nella lubrificazione dei componenti dell’ascensore. Abbiamo, poi, la manutenzione periodica, utile a verificare l’integrità e l’efficienza dell’intero impianto. Dovrà essere il manutentore a verificare la sicurezza dell’impianto. In linea generale, queste pratiche andrebbero effettuate almeno una volta ogni 6 mesi, specie se l’impianto è datato.
Ovviamente, tutto può cambiare in funzione delle esigenze fattive dell’impianto. Non tutti gli ascensori richiedono tutte queste attenzioni, specie quando si trovano ai primi anni di attività. È importante, dunque, concentrarsi sulla propria situazione specifica, tentando di individuare eventuali malfunzionamenti che ci spingano a rivolgerci ad un tecnico manutentore in maniera anticipata o con cadenza più regolare, prima di mettere mano al portafogli.
La normativa vigente in fatto di manutenzione periodica dell’ascensore, comunque, vuole almeno un intervento per semestre. Come minimo, dunque, un impianto di elevazione, sia esso interno o esterno, richiederebbe due interventi di manutenzione ordinaria all’anno. Sottolineiamo, in questo paragrafo, quanto sia importante curare la funzionalità dell’impianto come gesto di attenzione verso gli altri, specie nei condomini e nelle strutture ospedaliere.
Comunque sia, la frequenza effettiva con cui manutenere un impianto di elevazione riguarda principalmente le sue stesse condizioni e le caratteristiche tecniche, oltre all’usura dei componenti e al numero di corse che esso compie durante il giorno da quando ha cominciato ad essere utilizzato. Per quanto riguarda la manutenzione preventiva, invece, essa non presenta alcuna legge che ne stabilisca la cadenza, dipendendo prettamente dal caso specifico.
In linea generale, comunque, in materia di ascensori, è il manutentore stesso a fornire, al momento dell’installazione, delle linee guida utili per far fronte alle operazioni di manutenzione degli impianti. Ovviamente, col passare del tempo queste cambieranno, quindi sarà sempre opportuno consultare un esperto di settore, al fine di comprendere a pieno le esigenze e lo stato di funzionamento del proprio ascensore condominiale o dell’impianto di elevazione presente in un edificio adibito al lavoro.
Nel corso degli ultimi anni si parla sempre più di frequente della possibilità di puntare su delle alternative rispetto all’acquisto di un’auto. Ebbene, quella che si sta facendo più strada è senz’altro rappresentata dal noleggio a lungo termine. L’affitto delle auto vi permette di optare per un veicolo di classe superiore. Prendiamo, ad esempio, le offerte di noleggio a lungo termine BMW o altri marchi famosi: cerchiamo ora di confrontare gli aspetti più convenienti per il nlt e l’acquisto di una vettura.
Il primo aspetto di cui tener conto per effettuare il raffronto tra queste due soluzioni per chi va alla ricerca di una nuova vettura è senz’altro rappresentato dall’arco di tempo in cui si vuole disporre di una certa auto.
Ad esempio, ci sono persone che vogliono mettersi alla guida di modelli sempre innovativi e di recente produzione, sostituendoli con le nuove generazioni molto di frequente. Ebbene, in questi casi, c’è un’altra soluzione che si affianca all’acquisto di un’auto e può rivelarsi una mossa estremamente conveniente, ovvero il noleggio a lungo termine.
La stipula di un simile contratto, infatti, prevede una durata minima pari a 24 oppure 36 mesi. Se l’intenzione fosse quella di scegliere una certa vettura per tale durata e poi, eventualmente, puntare su un modello completamente differente, anche magari per delle esigenze familiari differenti, è chiaro che conviene pensare molto seriamente al noleggio a lungo termine.
Qualora il periodo di impiego dell’auto dovesse estendersi, è chiaro che la soluzione da prediligere dovrebbe essere l’acquisto, dato che permette un migliore ammortamento dell’investimento iniziale. È necessario mettere in evidenza come il raffronto tra queste due opzioni passa inevitabilmente anche dall’analisi delle modalità di spesa. Tutti coloro che puntano sul noleggio a lungo termine devono sopportare il pagamento di un canone mensile. All’interno di tale somma sono comprese varie voci che, invece, con l’acquisto dovrebbero essere valutate in maniera differenziata. Ad esempio, all’interno del canone sono presenti spese come quella relativa all’assicurazione, piuttosto che alle attività di manutenzione ordinarie e straordinarie, come ad esempio il cambio tra gomme invernali e gomme estive. Rimane esclusa dal canone mensile la spesa per la benzina o il carburante necessario all’auto scelta.
L’investimento legato all’acquisto di un’auto è una mossa vantaggiosa quando si ha la necessità di avere a disposizione una vettura il prima possibile, avendo una completa disponibilità. Tutti coloro che prendono la decisione di comprare un’auto, infatti, spesso e volentieri hanno intenzione di usarla per tanti anni. Sia la manutenzione che l’assicurazione rc auto sono delle incombenze che dovranno essere gestite chiaramente in totale autonomia da parte di chi è proprietario. D’altro canto, l’uso della vettura non dovrà sottostare ad alcun contratto di noleggio con una specifica società. Infine, l’auto si può vendere come e quando si vuole.
In gran parte dei casi, la soluzione rappresentata dal noleggio a lungo termine viene sfruttata da parte di imprese e lavoratori dotati di partita Iva. Il motivo è spesso legato a convenienza dal punto di vista fiscale, con la possibilità di avvantaggiarsi delle relative detrazioni. D’altro canto, con il passare degli anni, la formula del noleggio a lungo termine si è notevolmente diffusa anche tra gli utenti privati che sono abituati a sostituire la propria vettura molto di frequente.
Tra i principali vantaggi legati a una simile soluzione troviamo senz’altro la possibilità di pianificare un po’ tutti i costi. Infatti, il canone mensile è fisso e certo, mentre si possono trovare pure delle offerte e promozioni per cui non serve versare nessuna somma alla stregua di anticipo. È chiaro che, in quest’ultimo caso, si dovrà sostenere il pagamento di una rata mensile dall’importo lievemente maggiore, per compensare proprio il fatto di non aver versato alcuna somma a titolo di anticipo.
Il carovita è un problema di stringente attualità per milioni di italiani, attanagliati da un’inflazione come non si vedeva da almeno quarant’anni a questa parte. Intere generazioni, in buona sostanza, sono cresciute senza avere a che fare con un problema, come l’aumento generalizzato dei costi (ivi compresi quelli relativi ai beni di prima necessità), che è in grado di cambiare radicalmente la vita quotidiana di ogni singolo consumatore.
In questi momenti, dove il potere d’acquisto si erode significativamente, è certamente importante rivedere le proprie spese, anche se talvolta, purtroppo, non è risolutivo nel fronteggiare un problema come l’inflazione al 10%. Un ottimo supporto, in questi casi, lo offre il mondo del credito al consumo, con soluzioni interessanti per reperire la liquidità necessaria per far fronte alle spese quotidiane.
Col passare del tempo, il settore ha ampliato la propria capacità di offerta, riuscendo a soddisfare le esigenze anche di quei consumatori che, loro malgrado, non avevano modo di ottenere un finanziamento sino a qualche tempo fa. Una soluzione che ha preso piede negli ultimi anni, estremamente utile per quei soggetti con segnalazioni negative in CRIF o bollettino dei protesti, è quella della Cessione del Quinto dello stipendio o della pensione, che consente di poter trattenere la rata direttamente in busta paga anziché in conto corrente.
Questa soluzione, di fatto, bypassa il rischio credito che la finanziaria si deve assumere nei confronti del creditore, in quanto è il datore di lavoro a garantire il buon esito del pagamento delle rate trattenendo le stesse direttamente dallo stipendio del dipendente. Per ottenere questa tipologia di finanziamento, però, è necessario risultare lavoratori dipendenti, ovvero percepire un reddito continuativo e disporre di un contratto a tempo indeterminato.
Un’opzione, quindi, che non può essere sfruttata da partite IVA, studenti, casalinghe e disoccupati, categorie che hanno avuto, storicamente, grandi difficoltà nell’ottenere un finanziamento. Spesso richiedere un prestito personale senza poter presentare una busta paga non è semplice, ma neanche impossibile.
L’evoluzione del mondo del credito, infatti, consente di ottenere finanziamenti mirati anche per le summenzionate categorie, grazie ad una particolare tipologia di finanziamenti denominati, per l’appunto, “prestiti senza busta paga”, ideale punto di approdo per tutti quei consumatori che, complice un mercato del lavoro sempre più complesso, faticano ad ottenere liquidità per finanziare l’acquisto di beni e servizi o, molto più semplicemente, far fronte ad imprevisti di importo non particolarmente elevato.
I documenti da presentare, in assenza del percepimento di una busta paga, sono un documento d’identità in corso di validità, il codice fiscale/tesserino sanitario e l’ultima dichiarazione dei redditi laddove se ne fosse in possesso. La via più celere per ottenere un prestito senza busta paga è rappresentata, senza alcun dubbio, dalla grande rete telematica, dove alcune finanziarie sono in grado di fornire una risposta nell’arco di poco tempo, talvolta in 48 ore.
Non c’è alcun dubbio come alcuni elementi possano incidere, positivamente, sul buon esito della richiesta inoltrata. Ad esempio, una casalinga separata può far leva sull’assegno di mantenimento per ottenere un piccolo prestito, riuscendo ad ottenere quella liquidità in molti casi a dir poco salvifica per far fronte a piccoli imprevisti (come, a titolo esemplificativo, la riparazione dell’autoveicolo).
Nel caso in cui l’importo non fosse di piccolo cabotaggio, la finanziaria potrebbe chiedere che il finanziamento venga supportato dalla presenza di garanzie reali o di firma: le prime sono relativi ai pegni (su beni mobili o liquidità) e ipoteche (su beni immobili), mentre le seconde fanno riferimento a fideiussioni di soggetti terzi (che dovranno rispondere col proprio patrimonio qualora il richiedente non sia in grado di far fronte ai propri impegni).
La rottura dell’LCA, acronimo di legamento crociato anteriore, è un evento molto spiacevole e doloroso. Soprattutto, richiede tempi di guarigioni lunghi, intervallati da un’operazione chirurgica abbastanza invasiva.
Fondamentale, in questo contesto, è la fisioterapia specializzata, che può abbreviare il tempo di recupero e ripristinare la piena funzionalità del ginocchio. Ne parliamo qui.
La rottura dell’LCA è un infortunio tutto sommato famoso. E’ infatti associato al gioco del calcio, anzi è considerato come una sorta di spauracchio per i calciatori che ne possono essere vittima e per i tifosi che tengono per questo o per quel campione. Infatti, in media la rottura del legamento crociato anteriore tiene lontani dai campi di gioco per almeno sei mesi, sebbene siano attestati casi in cui il recupero è stato molto più rapido.
In genere, l’LCA si rompe a seguito a:
Il legamento crociato anteriore unisce la parte finale del femore con la parte iniziale della tibia. Il suo scopo è impedire che la tibia scivoli sull’asse orizzontale e vada fuori posizione. E’ un legamento molto resistente, per questo motivo chi va incontro a una rottura dell’LCA se ne accorge subito: il rumore della rottura è molto forte, quasi penetrante.
La terapia d’elezione per la rottura dell’LCA è l’operazione, che viene eseguita sempre in una prospettiva di recupero dell’attività sportiva. In tutti gli altri casi, l’operazione potrebbe non essere necessaria: senza LCA si può vivere, ma si deve rinunciare alla corsa e all’attività sportiva.
Ad ogni modo, l’intervento punta alla ricostruzione dell’LCA, il quale in genere viene condotta a partire da un prelievo tissutale dallo stesso soggetto. Nella maggior parte dei casi, si opta per una porzione di tendine rotuleo, che viene trattato per fungere da legamento.
Ma l’operazione rappresenta solo l’inizio del percorso di guarigione. Dopo, e ancora per molti mesi, c’è la fisioterapia. Essa consiste in una prima fase finalizzata al recupero del pieno range di movimento, con esercizi attivi e passivi; e in una seconda fase in cui si rafforza la muscolatura, in modo da creare un sistema di supporto al nuovo legamento, tale da proteggerlo da dolorose e drammatiche recidive.
Nel contesto fisioterapico sta assumendo una grande importanza la tecarterapia. Si tratta di un trattamento di ultima generazione che consente di accelerare il percorso di guarigione e, allo stesso tempo, renderlo più confortevole. Consiste nell’applicazione di un apparecchio elettromedicale che causa la formazione di calore nei tessuti profondi e solo in quelli. La stimolazione termica della parte interessata produce un effetto domino, quale la formazione di collagene, tale da porre in essere meccanismi di autoguarigione del corpo.
In parole povere, grazie alla tecarterapia si guarisce più velocemente. Ma non è finita qui: produce alcuni “gradevoli” effetti collaterali. Su tutti, l’azione analgesica. La tecarterapia riduce la sintomatologia dolorosa e le infiammazioni, due disturbi molto ricorrenti in chi si è sottoposto da poco all’intervento di ricostruzione dell’LCA.
Tra l’altro, la riduzione del dolore e delle infiammazioni consente di aumentare il carico fisioterapico e, di conseguenza, accelerare ulteriormente il percorso di guarigione. Dunque, il trinomio operazione – fisioterapia – tecarterapia è quanto c’è di meglio per chi deve guarire dalla rottura dell’LCA.
La formazione di calli e duroni è una eventualità piuttosto frequente, tanto negli sportivi quanto nei sedentari. Spesso, infatti, basta una calzatura non adeguata per ritrovarsi con questi disturbi.
Fino a un certo punto, calli e duroni non sono granché fastidiosi. Se ignorati, però, possono portare a complicanze anche abbastanza serie. Da qui, la necessità di intervenire per tempo, prima che il problema assuma una rilevanza sanitaria.
Come fare? Di base, è bene fare riferimento a un centro estetico che si occupi anche di problemi funzionali, e non solo estetici. Non è difficile reperirlo, a prescindere dall’area geografica. Tra cercare un buon centro specializzato in pedicure Palermo e cercarlo a Roma, Milano o anche nelle piccole città la differenza è minima.
Vale la pena approfondire la questione, elencando anche i rischi che si corrono se non si interviene prontamente.
Prima di tutto, occorre comprendere la differenza tra calli e duroni. Infatti, spesso vengono vengono considerati a torto dei sinonimi.
Sulla definizione di calli c’è poco da dire, nel senso che è conosciuta da tutti. In genere sono abbastanza piccoli e piuttosto morbidi, e possono comparire tanto sulla pianta del piede quanto sulle dita. I calli sono causati principalmente da traumi da sfregamento: quando una porzione di piede viene sollecitata, può sviluppare un callo.
Discorso parzialmente diverso per i duroni. Questi sono sì frutto di un trauma da sfregamento, ma soprattutto da calzature poco adatte. Ecco che la porzione interessata è molto più grande. Inoltre, spiccano per una parte centrale decisamente dura, che non di rado causa dolore. Nella stragrande maggioranza dei casi, i duroni si sviluppano sul tallone, che subisce l’influsso delle calzature poco adeguate. Possono però svilupparsi anche sulla pianta del piede.
Calli e duroni non curati: le conseguenze
La soluzione migliore è…. Prevenire. Non è poi così difficile: basta prendersi cura dei piedi. In primis, indossando calzature adeguate. In secondo luogo, lasciando il piede “libero” più a lungo possibile, in modo che possa guarire spontaneamente dai traumi per sfregamento. Va detto che rispettare queste indicazioni spesso è complicato, se non impossibile. Il riferimento è ai casi in cui il piede è vittima di imperfezioni, come il dito a martello, l’alluce valgo o dimorfismo dell’arco plantare (piede piatto o piede cavo).
Soprattutto in questi casi, è bene acquistare calzature di tipo ortopedico e su misura. Se pensate a calzature “strane”, che possano in qualche modo evidenziare la presenza di un disturbo, vi sbagliate. I modelli ortopedici sono indistinguibili rispetto a quelli standard, almeno dall’esterno. Ovviamente, costano molto di più.
I calli in genere non fanno male e, fino a un certo punto, nemmeno i duroni. Tuttavia, se ignorati per troppo tempo, determinano una sintomatologia dolorosa. Ciò che è peggio, possono degenerare in complicanze molto serie. Il riferimento è alle infezioni, causate dal danneggiamento della pelle che ricopre calli e duroni. Essa, per quanto possa apparire strano vista la consistenza diversa, è più debole.
Il consiglio dunque è di risolvere calli e duroni prima che degenerino in problema sanitario. Anche perché in quel caso è necessario fare riferimento a un medico. Nelle fasi precedenti, basta un esperto di pedicure. Ovviamente, non pedicure qualsiasi, bensì “curativa”. La pedicure curativa si contraddistingue non solo per gli scopi, ma anche per la strumentazione adeguata. Tra creme antibiotiche e lenitive, e utensili specifici, le differenze rispetto alla normale pedicure estetica si fanno sentire.
Dunque, fate riferimento a un buon centro estetico. Ovvero a un centro che goda già di buona reputazione e che integri all’interno delle sue attività l’eliminazione di calli e duroni.
Come evitare che lo schermo dello Smartphone si rompa? Proprio la rottura dello schermo rappresenta uno dei danni più frequenti in assoluto, uno dei motivi che porta più spesso a doversi rivolgere a un centro di assistenza. D’altronde, se il danno è pesante l’utilizzo dello smartphone risulta impossibile. Non va molto meglio se il danno è lieve: in quel caso si rischiano brutte figure e di trasmettere una sensazione di trascuratezza.
La questione riguarda tutti i brand e tutte le aree geografiche. Il rischio di dover spendere denaro per riparare smartphone Huawei Palermo piuttosto che uno smartphone Samsung in qualsiasi altra città è piuttosto elevato.
Anche in questo caso, prevenire è meglio che curare. Dunque, è lecito chiedersi se esistono degli accorgimenti per ridurre al minimo le probabilità di andare incontro a una rottura dello schermo. La buona notizia è che tali accorgimenti non solo esistono, ma sono anche facili da adottare. Ne parliamo qua.
Il timore che lo schermo dello smartphone si rompa è più che giustificato. Infatti, da un lato si tratta di una componente fondamentale, e che difatti consente l’utilizzo del dispositivo. Dall’altro, invece, è anche una delle componenti più fragili, di conseguenza soggetta a rotture. Basta infatti una caduta, nemmeno da altezze elevate, per ritrovarsi – se va bene – con uno schermo pieno di crepe e che comunque può creare disagio. Nella peggiore delle ipotesi poi, lo schermo è così danneggiato da impedire una visione chiara e che consenta un utilizzo efficace del dispositivo.
Prima di trattare gli accorgimenti veri e propri, e tra le altre cose sono di natura prettamente “tecnica”, è bene riflettere su una cattiva abitudine che molti possessori di smartphone reiterano.
Stiamo parlando della tendenza a tenere lo smartphone in mano anche quando non lo si sta utilizzando. In questo caso, le probabilità che il dispositivo cada per terra aumentano, con tutto ciò che ne consegue. La situazione si complica ulteriormente quando si pratica attività fisica: molti sono soliti correre mentre stringono il telefonino, per l’occasione “convertito” a cronometro o a lettore musicale.
Dunque, quali sono questi accorgimenti che aiutano a prevenire la rottura dello schermo? Ecco i più efficaci.
Dunque, prevenire è meglio che curare, soprattutto quando gli accorgimenti sono facili da adottare, come in questo caso. Ma cosa fare se il danno è stato fatto? Il consiglio è di evitare il fai da te. Anche qualora il danno si configurasse come lieve, è sempre meglio rivolgersi a un centro assistenza. Le riparazioni sono attività di natura specialistica, e non basta certo un tutorial, per quanto ben realizzato, a sopperire competenze ed esperienza. Anzi, il rischio, se si procede in totale autonomia, è di peggiorare la situazione e quindi di spendere più denaro di quanto non si sarebbe speso rivolgendosi a personale specializzato.
La miopia è probabilmente il disturbo visivo più diffuso in assoluto. Basta guardarsi in giro e passare in rassegna tutte le persone che indossano un paio di occhiali per rendersene conto, senza considerare coloro che, pur miopi, decidono di indossare le lenti a contatto. Eppure ci sono miopi che non adottano né l’una né l’altra soluzione.
Sono i “miopi lievi”, che riescono comunque a mantenere una buona qualità visiva oppure affrontano la loro condizione con spirito di sopportazione. Si tratta però di una scelta dai risvolti pessimi: anche nei casi meno gravi, la miopia non curata può causare conseguenze negative per la propria salute e per la qualità della vita. Ne parliamo qui.
La miopia è il disturbo visivo per eccellenza. Sono i numeri a dirlo, allorché variabili da paese a paese. Se in Europa è miopie circa il 28% delle persone, percentuale già di per sé elevatissima, negli USA si raggiunge il 35%. In Cina, invece, è miopie quasi l’80% delle persone.
La miopia ha un’origine prettamente genetica, sebbene possa essere stimolata da alcune abitudini precise. Per esempio, sforzare la vista, sui libri come davanti a uno schermo, può esacerbare il disturbo visivo o scatenare una condizione latente di miopia. Le cause fisiologiche, invece, consistono in una curvatura poco corretta del cristallino, che crea un difetto di rifrazione: la luce anziché terminare sulla retina si ferma “un po’ prima”, determinando una visione sbiadita. Il “quanto” determina l’entità del disturbo.
È difficile rimanere con le mani in mano se la miopie è abbastanza grave. Bastano solo due diottrie per ridurre la qualità della visione e, di conseguenza, della vita stessa. Non riuscire a vedere oggetti posta a una distanza non elevatissima, è un malus non da poco e che pregiudica le attività quotidiane.
Il discorso è diverso, però, se si parla di miopi leggeri, che hanno solo mezza diottria in meno, piuttosto che una o una e mezza. In questi casi, rinunciare agli occhiali e alle lenti a contatto è relativamente semplice. Con un po’ di sforzo, se ne può fare a meno.
Si tratta però di un atteggiamento sbagliato, controproducente. I motivi sono principalmente due: in primis, perché anche una miopia leggera può inficiare alcune attività, come per esempio leggere i cartelli autostradali con grande anticipo. In secondo luogo, perché anche una miopia leggera impone un certo sforzo, magari inconsapevole all’occhio. Da qui a un peggioramento ancora più rapido del disturbo il passo è breve.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la miopia è un disturbo degenerativo. I primi sintomi si avvertono intorno ai cinque anni di età, ma fino ai venticinque peggiora. Insomma, le diottrie sono sempre meno. Chi non indossa gli occhiali o le lenti a contatto, deve affrontare presto o tardi un’accelerazione di questo processo.
Il consiglio, se si soffre di miopia leggera, è dunque quello di cambiare registri, e indossare gli accessori adatti. Il primo passo, ovviamente, è quantificare con precisione l’entità del disturbo. Niente di più facile, misurare la vista a Roma è facile come a Milano, Torino, Palermo, Napoli e in qualsiasi altra città, grande e piccola.
Come scegliere l’ottico? In questo caso, come in tanti altri, a fare fede è soprattutto la reputazione. D’altronde, l’opinione degli ex clienti è un ottimo indicatore della qualità espressa da un’attività, anche quando questa coinvolge tematiche di tipo sanitario. Anche l’approccio alla gestione della clientela è importante: un ottico accomodante, sincero e socievole, sarà certamente più propenso a dispensare consigli su quali occhiali acquistare, su quelli che valorizzano al meglio il proprio viso.
Nell’immaginario collettivo, gli e-commerce rappresentano un’opportunità soprattutto per le grandi aziende. Perché – se lo chiedono in parecchi – spendere tanto tempo e tanto denaro per realizzare una piattaforma proprietaria performante? In realtà, si tratta di un pregiudizio che non trova fondamento nella realtà. La verità è che gli e-commerce possono e devono essere utilizzati anche dalle piccole attività, dai piccoli venditori. Ne parliamo qui, fornendo una panoramica dello strumento ed elencando alcuni motivi che ne giustificano l’impiego anche da parte dei più “piccoli”.
La diffusione degli e-commerce è un fenomeno iniziato ormai tanto tempo fa, agli inizi degli anni 2000. Tuttavia, non si può negare che negli ultimi tempi sia stato protagonista di una formidabile accelerazione. Il riferimento è in primo luogo alla progressiva riduzione del digital device e alla diffusione di connessioni performanti, e in secondo luogo ai fenomeni sociali che la pandemia di coronavirus ha innescato.
A partire dal 2020, infatti, molti, alla luce della chiusura delle attività commerciali, si sono visti costretti a utilizzare il digitale anche per gli acquisti, di fatto scoprendo una sorta di “nuovo mondo”. Una volta che la vita è tornata alla normalità, la gente ha continuato a usufruire degli e-commerce. Il risultato è stato un ampliamento radicale e permanente degli acquirenti on-line.
D’altronde, acquistare su internet comporta alcuni vantaggi anche soprattutto dal punto di vista dell’acquirente: è rapido, spesso meno costoso (i prezzi sono tendenzialmente più bassi), e comunque sicuro.
Dunque, perché anche le piccole attività possono e devono usufruire degli e-commerce? Al netto dei vantaggi di natura economica, di cui renderemo conto tra poco, è bene sottolineare che i costi oggi sono meno elevati di quanto non lo fossero qualche anno fa. aprire e gestire una piattaforma richiede budget tutto sommato accessibili, e che in ogni caso determinano un precoce ritorno dell’investimento. Inoltre, le competenze necessarie alla conversione al digitale sono oggi molto più diffuse e a portata di mano.
Al netto di ciò, Ecco i vantaggi indiscutibili di cui gode il piccolo venditore che desideri aprire un e-commerce.
Queste motivazioni sono concrete, tuttavia richiedono una precisazione: per vendere online è necessario affidarsi a corrieri efficienti, come per esempio Bartolini.
Solo affidandosi a corrieri di questo calibro è possibile fornire all’acquirente un’esperienza degna di questo nome, improntata sulla qualità e sulla comodità. il riferimento è ovviamente ai tempi di spedizione, ma anche alle politiche di reso, che sono possibili solo se i collegamenti sono garantiti al 100%.
Dunque, i piccoli grandi venditori che si apprestano a sbarcare all’estero grazie alle attività del proprio e-commerce, devono prima di tutto curare la logistica dei trasporti, scegliendo con estrema attenzione Il corriere. il rischio, se si fa altrimenti, è di intraprendere un gioco a perdere, in cui il ritorno all’investimento diventa una sorta di chimera.
Acquistare online fino a qualche anno fa era impensabile ed erano davvero pochi che si affidavano a questo servizio. Con il crescere della fiducia nei confronti di questo servizio gli utenti hanno iniziato sempre di più ad usufruirlo. Fino ad arrivare fino ad oggi dove sono sempre di più le persone che preferiscono affidarsi allo shopping online piuttosto che a quelli nei negozi fisici. I motivi che ci spingono a sfruttare questo servizio sono infiniti, ma in particolare:
Come abbiamo visto, lo shopping online offre una serie infinita di vantaggi ad ognuno di noi. Ma, come ogni cosa bella, anche quello servizio presenta dei svantaggi non da poco, in particolare:
In questo articolo hai avuto l’opportunità di scoprire i benefici ma anche i svantaggi di questo servizio. Poiché oggi tutta la nostra vita circonda nel mondo online diventa indispensabile attuare una serie di azioni al fine di migliorare in meglio questo servizio. In particolare, per poter ottimizzare questo servizio le aziende devono tener conto di tutti i punti deboli che questo servizio offre. Andando a ridurre al minimo essi, gli utenti avranno l’opportunità di godere di un servizio migliore e sicuramente le aziende ne trarranno vantaggio.
Se stai leggendo questo articolo è perché stai pensando di aprire un’impresa di pulizie per conto proprio e vuoi sapere come fare.
Il primo passo è quello di aprire la Partita IVA e registrare la propria impresa correttamente. Il consiglio è di farsi aiutare in questa operazione da un bravo commercialista oppure di rivolgersi direttamente alla Confartigianato, a cui potersi appoggiare anche per le pratiche burocratiche successive.
Ma non è solo questo! Per aprire un’impresa di pulizie sono molte le cose a cui dovrai pensare e a meno che tu non abbia già esperienza in questo settore specifico. Allora ti conviene informarti per recuperare tutto ciò di cui hai bisogno e aprire, così, la tua attività di pulizie in tutta tranquillità.
In questo articolo ti parliamo dei costi che non puoi trascurare quando apri una tua impresa di pulizie e vuoi fare questo salto da solo, senza farti aiutare da qualcuno che si occupi al posto tuo di molti aspetti essenziali. Prima di tutto, quando si apre un’attività, come un’impresa di pulizie, è fondamentale fare una stima a priori di quelli che saranno tutti i costi fissi e variabili che si dovranno sostenere. Un errore di valutazione di tali costi potrebbe costare caro! Ecco perché è importante che leggi con attenzione questo articolo dedicato.
Come sai, per aprire una qualsiasi impresa aziendale oltre ai vari passaggi dettati dalla burocrazia dovrai prendere in esame anche tutti i possibili costi di attività. Per fare una valutazione precisa ovviamente bisogna avere in mente quello che andrai a fare, in modo da organizzare tutto ciò di cui avrai bisogno. Stabilire il budget necessario per ogni voce spesa, obbligatoria per l’apertura dell’impresa di pulizia, è uno dei primi aspetti da pianificare con attenzione.
Nello specifico, per aprire un’impresa di pulizie dovranno essere considerati i costi seguenti.
Un’altra spesa che rientra in questa categoria è ovviamente il carburante, costo variabile a seconda del tipo di carburante e delle fluttuazioni del mercato. Inoltre, da preventivare anche le spese annuali per la macchina come l’assicurazione, il cambio delle gomme ed eventuali interventi del meccanico se ci fosse bisogno.
Per scegliere il magazzino, il consiglio è un un locale al piano terra, soprattutto perché gli spostamenti saranno più facili, considerando che alcune macchine per pulire le superfici ampie (come le lavasciuga pavimenti uomo a terra o a bordo) sono abbastanza grandi e impossibili da trasportare per le scale o negli ascensori.
Questi sono i principali costi fissi per l’apertura di un’impresa di pulizie ai quali vanno ad aggiungersi i costi variabili e i costi per i collaboratori. Ecco perché è fondamentale pianificare il tutto con attenzione, non dimenticandosi di alcun costo attività.